3 NOVEMBRE - S. GIUSTO

SOLO PER TRIESTINI DOC
Domani è S. Giusto, il patrono di Trieste, città dove sono cresciuta e attualmente vivo. Nel 2010 Trieste è stata eletta la città migliore in cui vivere e in effetti non le manca niente: è vivibilissima a tutte le ore, ha tantissimo verde ed un bel mare. E' ad un'ora dalle spiagge croate ed è a due ore dalle piste da sci. Ci sono tante cose che farei, ad esempio creerei nella zona industriale un'area per mega-concerti, un porto più avveniristico, un'area protetta per animali e piante con al suo interno dei percorsi educativi nei confronti della natura. Mi piacerebbe che i giardini fossero curati dalla comunità, creerei maggiori aree - più attrezzate - per cani, e istituirei un gruppo di vigilanti al fine di effettuare maggiori controlli sulla pulizia della città e l'educazione al senso civico, e così via.
Ma tutte queste cose io non posso farle. Posso solo dedicare un tributo a questa città, riportando una poesia tratta da Serbidiola, scelta perché parla del rione dove ho passato la mia infanzia, allegando alcune mie foto e trascrivendo la canzone in dialetto che preferisco e che cantavo in auto con la mia famiglia e mio zio al rientro dalle nostre gite sul territorio triestino. A  qualcuno sembrerò vecchia dentro, visto che riporto dei testi in dialetto della metà del '900; a queste persone dico, svegliatevi, sono vecchia anche fuori.
Inoltre, sarò lunga e prolissa, quindi per chi si potrebbe annoiare o non fosse per niente interessato, consiglio di mollare il colpo qua. Invece per chi vorrà continuare auguro una buona lettura.


Adio, sante memorie
(Carpinteri e Faraguna)
Co' ierimo putei, stavimo in via Donota e mi coi mii fradei se 'ndava gambe in spala quando mia nona zota, per sparagnar le scale la ne diseva: "àle, andé a comprar fasioi, osso de carne cota, do' crodighe e capussi che ve fasso jota".
Cussì noi quatro fioi, corendo come mussi se 'ndava zò per Rena, su per Riborgo e atorno per via Punta del Forno in piazza Barbacan, fin a l'ora de zena. In botega del pan compravo un tira-mola robando un carantan sul vin e la zivola. Che tempi, che ridade! Le go 'ncora in orecia e in ocio le contrade de la mia Zitavecia, quatro tra muro e muro, tra una corte e un'androna, iera tuto un sussuro, tuto un zigarse mona, un bon odor de frito e far l'amor in zito.


Canta S. Giusto  (Natti - Zollia)










I veci brontola che i tempi xè cambiai, no xè più maschere no xè più carnevai, e come i tempi andai la nostra gioventù no se diverti e no la canta più. Canta S. Giusto dal suo campanil, l'eterno canto che toca ogni cuor, Trieste tuta xè un canto gentil che ghe somiglia al profumo de un fior. Canta la bora e le onde del mar e le sirene che ciama al lavor, xè una canzon che nissun sa cantar, Trieste tuta xè un canto d'amor.

Commenti

  1. Quella ed altre canzoni triestine le avevo imparate alle elementari... Ora non le sa più nessuno :-(
    Stasera da Siora Rosa dopo un per de birre podemo provar a cantarle insieme se te vol :-D

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  2. Amo San Giusto e tutto il rione ..... amo il profumo delle margheritine a primavera che colorano il prato.....
    A.V.

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